L'alchimia è una cosa pericolosa - Namjin
Jin aprì gli occhi, ritrovandosi a fissare il soffitto della sua stanza, da poco ricostruito in assi di legno e attualmente illuminato dalle prime luci del giorno.
Sbadigliò, si strofinò la faccia intorpidita dal sonno e per forza dell'abitudine, infine si decise a togliersi le coperte di dosso e sedersi sul bordo del letto.
Convincersi a vestirsi, alzarsi definitivamente e scendere al piano di sotto fu un altro paio di maniche, ma lo fece.
Essere un alchimista aveva i suoi vantaggi e i suoi svantaggi.
Un esempio di vantaggio: dopo tutto quello che aveva scoperto, realizzato e, in generale, alchimizzato, era arrivato alla conclusione che tutto era possibile, bastava solo avere la formula giusta; dunque, lui, Kim Seokjin il Bello, aveva sempre un obbiettivo: trovare una formula.
Gli svantaggi... Be', gli svantaggi erano, grosso modo, tutto il resto.
Per esempio, il dover vivere isolato dal resto dal resto della popoalzione, e solo perché i suoi esperimenti avevano la spiacevole abitudine di far saltare in aria la casa una settimana sì e l'altra pure.
Aveva segnato la sua condanna quando, durante i tentativi per ottenere l'Elisir di Lunga Vita, aveva accidentalmente reso indistruttibili tutte le case del suo quartiere.
Quindi adesso gli toccava vivere ad una distanza minima di tre chilometri rispetto ad ogni centro abitato.
Motivo per cui, dopo essersi accuratamente lavato e vestito e aver fatto un rapido un rapido spuntino con il pane del giorno prima, burro e miele, si incamminò verso la città per far rifornimento di viveri.
Inizialmente, aveva provato a tenere delle galline e una capra, giusto per avere a portata di mano un paio di alimenti fondamentali; solo che poi le galline si erano rivelate essere dei galli e non aveva neanche fatto in tempo a mangiarseli, perché la volpe era stata più veloce. Quanto alla capra... be', alla quarta esplosione della casa era stata sbalzata su un albero a una mezza dozzina di chilometri di distanza e non aveva più voluto scendere.
A quel punto Jin aveva deciso di immagazzinare tutto il cibo di cui aveva bisogno e di andare in città solo una volta ogni tre mesi. Il giorno dopo, la casa, invece di esplodere, aveva preso il volo fino a che non era caduta dritta dentro ad un lago e tanti saluti a scorte di farina, botti di acciughe eccetera.
Dunque l'alchimista ci aveva rinunciato e aveva deciso che camminare un po' ogni mattina non gli avrebbe certo fatto male, anzi, avrebbe contribuito a mantenere fresca la sua leggendaria bellezza.
Quando fece il suo ingresso dalle porte della città, sorprese, come sempre, svariate persone intente a osservarlo neanche tanto discretamente e a sparlare di lui ancora meno disretamente.
-Si dice che abbia venduto l'anima al diavolo.-
-Probabile che sia un angelo caduto, bello com'è.-
-Non dovreste dire così.-
-Infatti. Seokjin è una persona normalissima, e se è arrivato fin dov'è ora è solo perché ha una mente geniale. E voi dovreste solo stare zitti e tributargli il rispetto che si merita.-
-A stare zitte dovreste essere voi ragazze, che non ne sapete niente.-
-Pare che abbia una moglie in ogni città in cui ha lavorato.-
-Non è che anche voi siete state abbindolate dalla sua avvenenza?-
-Si da al caso che si stia parlando di nostro cugino.- ribatté freddamente la più grande delle due ragazze, stringendo con aria minacciosa il suo ombrellino parasole e posando una mano sulla spalla della sorellina.
-E si da sempre al caso che io sia proprio qui dietro.- disse Jin facendo capolino da dietro le cugine e fermano discretamente la mano che stringeva l'ombrellino prima che scatenase la violenza nella via. -Come va, ragazze?-
-Come dovrebbe andare, scusa? Ci siamo visti ieri.- grugnì la maggiore lasciando perdere i maldicenti.
-E sempre ieri ci hai promesso che oggi ci avresti portate dal tuo gelataio di fiducia e ci avresti assaggiare il gelato più buono della città, ricordi?- gli ricordò la minore tirandogli una manica.
-Sì, giusto. Andiamo.- annuì Jin.
-Quegli stupidi idioti sparlavano di te.- disse la maggiore mentre attraversavano una delle vie principali della città, affollata di bancarelle e di gente.
-Me ne sono accorto, Jisoo. Ma non è importante, lasciali pure palare, sono solo gelosi.-
-E invidiosi di cosa? Se vogliono vivere anche loro isolati da qualche parte nelle campagne, non hanno che da chiedere, ce li spedirò volentieri a calci in culo.- mugugnò Jisoo, e sua sorella Jennie annuì vigorosamente.
Una quarantina di minuti dopo, dopo avergli preso i gelati che gli aveva promesso, l'alchimista aveva salutato le cugine e si accingeva a fare il suo solito giro di rifornimento.
-Dunque...- iniziò tirando fuori la lista stropicciata da una tasca della tunica.
Anche se lo faceva praticamente tutti i giorni da ormai tre anni, non c'era verso che riuscisse a ricordarsi quello che doveva prendere. Sua madre asseriva che era perché quando era piccolo aveva preso una botta in testa e la voce "Spesa" del suo cervello si era irrimediabilmente danneggiata, ma lui era sicuro di esserci nato, così.
Stava giusto uscendo dal panettiere con in mano solo un chilo di pane quando nel negozio di ceramiche lì vicino scoppiò il finimondo.
O almeno, quella fu l'impressione che ebbe Jin, dato che il proprietario del nogozio aveva una voce talmente sonora che appena gridava un po' tutti scattavano sull'attenti e accorrevano.
Curioso, Jin si fece largo fra la calca di gente allarmata fino a che non arrivò proprio davanti alla porta del negozio.
Il negoziante di ceramiche starnazzava fronteggiando un ragazzo dall'aria imbarazzata e anche piuttosto arrabbiata.
-Screanzato, me l'hai rotta! Era preziosissima!-
-E questo l'hai già detto, che accidenti! Ma non è colpa mia se tu lasci la tua merce in mezzo alla strada, eh.- ribatté il ragazzo, il quale l'alchimista calcolò, poteva avere più o meno la sua atà.
-Ma tu sei l'unico cretino che ci è inciampato dentro!-
-Sono anche il primo che è passato.-
-Non me ne frega niente! Adesso me la ripaghi, quella ciotola! Valeva un mucchio di soldi, era stata decorata a mano da un artista talentuosissimo!- continuava a uralacchiare il commerciante.
-Ma col cazzo che te la ripago! Usa i pezzi da metterti al posto dei denti e lasciami in pace, rompicavolo che non sei altro!-
-E' un modo per dire che non hai i soldi per ripagami, eh, pezzente?!-
-Tanto per cominciare, pezzente sarà tua madre, e poi, se anche ce li avessi, i soldi non li darei certo a te.- rispose il ragazzo guardando dall'altro il commerciante.
-Ah, dunque non ce li hai.
-Quindi la situazione cambia.
-Se ce li avessi avuti, ti avrei portato in centrale e ti avrebbero scosso fino a che non ti fossero caduti dalle tasche. Così, invece... Se anche ti lasciassi in mutande, i tuoi vestiti non valgono nemmeno una scheggia della mia ceramica.- giunto a questo punto, il commerciante esibì un sogghigno per niente rassicurante e puntò un dito contro il malcapitato.
-Dunque lavorerai per me fino a che non avrai esaurito il tuo debito, che, già ti avviso, è molto cospicuo.- concluse.
-L'hai già detto, che la tua stupida ciotolina vale milioni, eh.
-E comunque, piuttosto inculati e rincollati la tua ceramica con la colla di farina, che io non ho certo tempo da perdere con te.-
L'uomo, benché fosse notevolmente più basso, lo afferrò per il bavero.
-Forse non hai capito, ragazzo. Mia moglie è della Caserma. Se non fai esattamente quello che ti dico, saranno guai.- gli sibilò in faccia.
Certe cose Jin proprio non le poteva vedere.
E un uomo che ne maltrattava a gratis un altro solo perché era sicuro che, per la sua posizione, non sarebbe mai stato punito, rientrava pienamente nell'elenco.
Tossicchiò e si fece avanti fino quasi ad essere incollato agli altri due.
-Lor signori vogliano perdonare la mia indiscrezione, dato che si tratta palesemente di affari vostri, ma questo ragazzo è il mio aiutante e non è proprio possibile che venga a lavorare per lei, se mi spiego.- disse serrando la mano sul polso del commerciante, che ancora teneva stretto il bavero dell'altro, il quale, dal canto suo, lo stava guardando come se avesse intenzione di incenerirlo lì su due piedi.
L'uomo si voltò verso di lui.
-Ah, signor alchimista, dunque questo pezzente è vostro apprendista? Suppongo, dunque, che pagherete voi i danni che ha causato oltre che, ovviamente, l'offesa.- disse senza neanche tentare di celare l'antipatia che provava.
-Supponi male. Lui non ha nessuna colpa se tu sei disordinato, eh.
-E poi ci tengo a specificare che, punto uno, lui è il mi aiutante e non il mio apprendista e, punto due, tu dovresti proprio smetterla di insultare e offendere la gente così a caso senza sapere niente né di loro né della loro storia.
-Andiamo.-
I due giovani passarono indisturbati fra la folla che, spettegolando, si spostava per fargli largo, mentre il commerciante di ceramiche rimase là interdetto e poi, preso dal dispetto che qualcuno avesse osato rispondergli per le rime e pure spuntarla, si mise a sbraitare contro i suoi sottoposti per dei motivi del tutto infondati.
A Jin sembrava di essere in uno di quei libri che sua madre gli leggeva quando era piccolo prima di dargli la buonanotte. Uno di quei libri in cui uno dei personaggi era nei guai e a quel punto entrava in scena un altro personaggio, di solito un avventuriero o pirata dagli intenti complicati che terrorizzava tutti e traeva in salvo il malcapitato. E, di solito, pochi capitoli dopo, gli stessi due personaggi finivano coinvolti in un qualche guaio di grossa entità.
-Perché sei intervenuto?-
L'alchimista si riscosse e si voltò verso l'altro ragazzo. Si erano allontanati di parecchio dalla strada del negozio del commerciante di ceramiche e ora si trovavano sul marciapiede di una delle piazze del centro.
-Perché, diciamo, fa parte del mio tacito principio.- rispose squadrandolo e ammettendo fra sé e sé che, nonostante i vestiti molto consumati, era davvero un bel pezzo d'uomo.
-Ti ringrazierei, ma immagino che il tuo principio preveda che io, in cambio, faccia qualcosa per te, e siccome io non ne ho la minima intenzione...-
-Non voglio niente in cambio. Ho solo fatto quello che era giusto. Per me puoi anche sparire adesso e fare come se non mi avessi mai visto.- grugnì Jin frugandosi nelle tasche alla ricerca delle sue fidate caramelle mou milk.
-Davvero?- chiese incredulo il ragazzo.
-Davvero.-
-Allora... Allora io torno alla ricerca di un lavoro. E... grazie.-
Fece per andarsene.
-Aspetta!- lo richiamò Seokjin tendendo una mano come per trattenerlo.
-Cosa c'è, ancora?- chiese l'altro voltandosi e incrociando le braccia, palesemente contrariato.
-Hai detto che stai cercando un lavoro, giusto?-
-Sì. Perché?-
-Che ne diresti allora di diventare il mio aiutante?-
-Mi stai per caso prendendo in giro? Perché, nel caso, sono prontissimo a rovinarti quel bel faccino che ti ritrovi.-
-Non sto scherzando!- s'imbronciò Jin.
-E che lavoro fai?- chiese sospettoso il ragazzo.
-Sono un alchimista.
-A proposito, ne sai qualcosa, di alchimia?-
-Chi sarebbe, questa Alchimia?-
-Sei preso.
-Come ti chiami?-
-Kim Namjoon.-
Namjoon aveva detto il vero: di alchimia non ne sapeva niente. Ma proprio niente di niente.
Arrivando a casa, si era stupito che questa fosse una torretta di mattoni a base circolare. Jin gli aveva spiegato che, dato che la sua abitazione esplodeva così spesso, aveva finito per alchimizzare dei materiali e ogni volta lei si ricostruiva come più le pareva. Infatti, fino a due giorni prima, aveva vissuto in un bungalow. Non gli aveva creduto, ma non importava, entro poco se ne sarebbe accorto da solo.
Solo l'aria che aveva spostato chiudendo la porta aveva fatto cadere tre ampolle di acido, che si erano frantumate sul pavimento, corrodendolo.
Ed era stato solo l'inizio.
Kim Namjoon, aiutante di Seokjin il Bello, era un perfetto uragano distruttivo ai livelli massimi. Circa l'ottanta percento di quello che toccava finiva immediatamente in pezzi.
E poi era arrabbiato. Sempre. Dopo solo tre giorni che vivevano nella stessa casa, Jin sentiva un grande bisogno di distendere quel viso perennemente imbronciato, di vederlo sorridere, sentirlo ridere, scorgere una luce in quegli occhi cupi.
-A che cosa stai lavorando?- chiese una sera Namjoon.
L'alchimista, che stava preparandosi delle uova fritte, fu preso talmente alla sprovvista che lasciò cadere un uovo intero, compreso di guscio, nella padella.
-In che senso a cosa sto lavorando?- chiese a sua volta mentre si ustionava le dita cercando di rimediare al pasticcio.
-Hai ottenuto la Pietra Filosofale, l'Elisir dell'Immortalità o come altro si chiama e poi chissà quante altre cose. Adesso che cosa stai cercando di ottenere?- chiese il ragazzo staccando la schiena dalla sedia e appoggiando gli avambracci sul piano del tavolo di legno.
-Ah... Ahi!
-Sto cercando di fare qualcosa che riesca a trasformare l'odio e la malignità in amore.-
Namjoon non capì perché, ma gli sembrò che qualcuno gli avesse infilato uno spiedo nel petto e lo stesse rigirando con forza.
-A che pro?-
-Ma che razza di domande! Così il mondo sarebbe migliore, ovviamente!- esclamò Jin leccandosi le dita ustionate.
-Ma se uno odia qualcosa, avrà i suoi buoni motivi, no?!-
-L'odio genera odio. E se non ci fosse più motivo di odiare, allora non ci sarebbe più nemmeno odio, e viceversa.-
Nam corrugò la fronte ancora più del solito, piegando la bocca all'ingiù.
-Non mi convinci per niente.-
-Non serve. Presto vedrai con i tuoi stessi occhi. Difatti sono a pochi passi dall'essere riuscito a ottenere questa tale cosa che però non ho ancora deciso come chiamare e... Ahi, maledetta padella!-
-Continui a non convincermi per niente.-
Seokjin diceva il vero, era quasi riuscito nel suo intento, gli mancavano solo un paio di passaggi e in teoria sarebbe stato tutto a posto.
Quattro giorni dopo si accingeva a compiere il passo conclusivo, a mettere la rarissima polvere di corallo carotato nell'ampolla del composto.
In quel momento Namjoon spalancò la porta del laboratorio gridando:
-Jin! La pasta...-
E tutto quanto esplose.
Fu un'esplosione spettacolare, la più bella che Jin avesse visto da quando era diventato alchimista e anche da prima.
Era una cascata di stelle, luce, colori, fiori, acqua limpida, felicità e vita in generale.
I due ragazzi si ritrovarono a nuotarci dentro a mezz'aria e quando, dopo una caduta che parve tanto lenta quanto lunga, atterrarono, finirono su un prato spruzzato di papaveri, fiordalisi, tarassaco e illuminato dalla luce di un Sole che pareva splendere ogni secondo più pulito.
Namjoonj sorrise.
-Seokjin, non dico che con questo tu sia riuscito a farmi amare il mondo, ma, per la miseria, mi hai fatto senza alcun dubbio innamorare di te!-
Posso pure dire di essere semiquasi soddisfatta del finale.
Quindi tanta roba.
Insomma, a me piace. Dalla prima all'ultima parola. Per non parlare della copertina. Sono orgogliosa di ogni frammento di questa OS. A parte che mentre la scrivevo mi sono addormentata con la testa a penzoloni giù dal letto e mi sono svegliata perché uno dei miei cani mi ha leccato il naso.
Va bene, basta con i pavoneggiamenti.
Però mi piace troppo.
Be', spero che sia piaciuta anche a voi.
Finish. Ciauss
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