Capitolo 1
-Brutta puttana, torna qui!-
"Puttana? E ora che cosa c'entra l'essere puttana? Certo che di cose a caso ne dicono tante, le persone." pensò Jee, facendo di tutto tranne che fermarsi.
-Puttana la tua tipa e brutto il buco del tuo culo!- gridò lanciandosi a terra e strisciando sull'erba per evitare i proiettili.
-E tu somigli a entrambi!- sbraitò il poliziotto continuando a sparale addosso e costringendola così a lanciarsi sotto un cespuglio per non essere colpita.
-Non credo proprio. Io sono unica.- rispose alzandosi in piedi e correndo a tutta velocità verso il cancello, decisa a scavalcarlo, benché mentre fosse stata intenta ad arrampicarsi sarebbe stata esageratamente esposta.
Però non era certo intenzionata a farsi impallinare come una stupida chiusa dentro al giardino di una villa. E se non fosse uscita dal cancello non sarebbe successo nulla di diverso.
In effetti, se ci pensava, ma neanche tanto a fondo, era effettivamente stupida.
E della peggior specie, poi.
Farsi sgamare.
Che scema.
Che dannatissima scema.
Per non dire di peggio.
Non era certo la prima volta che le succedeva, ma una scemenza del genere... mai prima. E per fortuna. Nonostante tutto, non voleva morire. O piuttosto. Voleva vivere. Anche se tutto quello che del mondo aveva visto, a parte, ovviamente, i bomboloni alla crema con lo zucchero a velo sopra, faceva schifo, anzi, forse proprio per quello, voleva vivere. Perché ci doveva essere qualcosa di bello. Qualcosa di bello che non fosse cibo. E lei voleva trovarlo.
Ma non era certo stato quello a spingerla dentro alla villa.
Quella era stata solo la sua stupidità.
Certo, magari lì il pane alle olive era più buono che in casa della gente "normale", però la sicurezza sarebbe stata sicuramente più ferrea, no?
No.
Era stata solo quella vecchietta che l'aveva vista entrare e aveva chiamato la Polizia, cosicché quell'agente irriverente e rozzo l'aveva interrotta a metà di un sorso di CocaCola, facendola quasi strozzare.
A proposito.
Quanta scena per una lattina di CocaCola e un panino alle olive. Neanche avesse ucciso qualcuno.
Non potevano lasciarla mangiare in pace?
No.
No.
No. La storia della sua vita.
-Sì!- esultò quando il cancello davanti a lei si spalancò per lasciar entrare una Mercedes nera tirata a lucido che per poco non la prese sotto.
Ma quello non era importante.
L'importante era che così era riuscita ad uscire senza né ne doversi arrampicare né farsi impallinare.
Il che non era certo una brutta cosa, pensò mentre il poliziotto continuava a inseguirla gridando e sparando, colpendo però la macchina, che per fortuna aveva i ventri antiproiettile.
La cosa brutta era che lì fuori c'erano altri sei poliziotti che la aspettavano. E che non appena se la videro passare davanti di corsa si misero a inseguirla vociando e sparando.
"Ma un po' dii fantasia no?
"Ah, no, dimenticavo che qui c'è solo gente seria, eh." pensò la ragazza continuando a correre fra le case.
"Perché cazzo non sono andata in un posto più affollato? In mezzo ai civili non avrebbero certo potuto spararmi.
"Perché sono scema, ecco perché.
"Stramaledettamente scema.
"Non per un altro motivo.
"E non potevo essere meno scema?
"Sono sopravvissuta diciassette anni così, perché proprio ora dovevo rovinare questa già rovinata vita?"
Non era tanto sicura che ne sarebbe uscita viva.
Non ci voleva che un colpo andato a parare nel punto sbagliato e per lei sarebbe stata finita.
E se non l'avessero fatta fuori, l'avrebbero presa, e a quel punto chissà che cosa ne sarebbe stato di lei. L'avrebbero rinchiusa in un carcere minorile, immaginava. E di sicuro lì non avrebbe trovato quello che di bello c'era nella vita.
E se invece fosse riuscita a farla franca...
Neanche a dirlo, distratta nel suo scappare dai poliziotti che ancora la tallonavano, andò a sbattere in pieno contro qualcosa.
O meglio, qualcuno.
-Mi scusi...- disse cercando di passare oltre.
Ma, quando già credeva di averla scampata, di essere già passata, di poter continuare a scappare, quel qualcuno la afferrò per il cappuccio della felpa, rischiando, per la seconda volta in circa un quarto d'ora, di strangolarla.
-Dove credi di andare, signorina?- la apostrofò tirandola ulteriormente indietro.
Ma che accidenti voleva adesso quello? Non le risultava che andare a sbattere contro la gente fosse un reato.
-Dove vado io di certo non sono affari tuoi, visto che adesso ti mando a fare in culo.- ringhiò cercando di liberarsi.
-Non così in fretta, ragazzina.- ribatté quel tizio decisamente molto molesto, prendendole i capelli tagliati lunghi una spanna.
Fece una smorfia mentre glieli tirava leggermente.
"Se ne esco viva, me li raso a zero." pensò cercando un modo di liberarsi.
Solo che, per quanto potesse scalciare e tirare gomitate, avrebbe finito solo per farsi male da sola.
-Toh, mi pari nei guai.- commentò quel tizio, chiunque fosse.
"Sì, e tu mi ci stai cacciando ancora di più."
-Questa la prendo io, non preoccupatevi.-
E l'istante dopo la ragazza si sentì sollevare di peso.
Era pronta a reagire, fracassare una a una le ossa a quel tizio caduto dal nulla che aveva osato toccarla, quando sentì il suono di una portiera che si apriva, per ritrovarsi subito dopo catapultata all'interno di una macchina.
Rotolò sui sedili e sbatté la testa contro la portiera dall'altra parte prima di rendersi conto che ormai era chiusa lì dentro e, supponeva, la persona che ce l'aveva chiusa era quel ragazzo al posto di guida.
Così ad occhio e croce calcolò che potesse essere non molto più grande di lei, non gli dava più di ventun'anni.
"Adesso gli do una botta sulla tempia mentre tiro il freno a mano e..." stava già pensando mentre vedeva le case scorrerle di fianco all'esterno della vettura, quando il tipo le lanciò una rapida occhiata.
-Stai ferma, che sennò sporchi tutto di sangue.-
Che accidenti stava succedendo alla sua vita?
-Devo supporre che questo sia un rapimento?- chiese, sentendo improvvisamente una grande stanchezza addosso.
-Non esattamente.-
-E tu chi cavolo sei?- chiese ancora, con una gran voglia di prenderlo a pugni, anche se sapeva che così avrebbe causato un incidente.
Sembrava un sogno scombinato di una bambina. Non poteva veramente starle succedendo una roba del genere, vero?
Nella vita vera quelle cose non succedevano, no?
No?
No?!
A quanto pareva, purtroppo, sì.
-Choi Yeonjun.- le rispose il tipo, continuando a concentrarsi sulla strada.
Lo disse come se lei avesse dovuto sapere chi fosse un tipo che si chiamava Choi Yeonjun. Ma se a malapena lei si ricordava il proprio, di nome, come pretendeva che si ricordasse quello di qualcuno che non aveva neppure mai visto?
-Adesso ne so molto di più, grazie.- sbuffò sarcastica.
Perché era così stanca.
-Puoi per favore lasciarmi andare? Ti garantisco che se speri di ottenere qualcosa da me, qualunque cosa tu abbia in mente, non la otterrai.-
Voleva prenderlo a pugni, certo. Ma aveva l'impressione che non sarebbe servito a molto, se non a cacciarla ulteriormente nei guai.
Quel tale Yeonjun, oltre a parere almeno una dozzina di centimetri più alto di lei, sembrava anche un che, malgrado la corporatura esile, avrebbe potuto spezzarle un braccio con nulla.
-No.-
-Dove mi stai portando?-
-A casa mia.-
Nelle mani di che maniaco era capitata?
Che cosa ne sarebbe stato di lei?
-Ora, per cortesia, appoggiati al sedile e stai buona, perché sennò, te l'ho già detto, sporchi tutto di sangue.
-"Stai buona" vai a dirlo a...
-Aspetta... Sangue?-
E, con un leggero sentore di nausea, la ragazza si rese conto che aveva effettivamente tutto un fianco della felpa completamente inzuppato di quello che sembrava sangue.
Quindi, alla fine, l'avevano colpita.
Ed ecco a voi, chiunque siate, il primo capitolo di questa storia che, già vi avviso, sarà cortina.
E no, non è un cliché, credo.
E nulla, divertitevi.
E, ovviamente, premete quella stellina. Ma questo non c'è bisogno che ve lo dico, vero?
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