Capitolo 2
A Yeonjun piaceva quella ragazzina.
Per quanto potesse essere strana e fastidiosa, gli piaceva.
Gli piaceva, ma non avrebbe saputo dire che cosa gi piaceva di lei.
Era molto più facile dire quello che, di lei, non gli piaceva.
Il pugno che gli aveva tirato quando aveva provato a toccarla per farla scendere da una macchina una volta arrivati a destinazione, dal momento che si era mezza appisolata, probabilmente a cuasa della perdita di sangue, per esempio.
Non gli era piaciuto doverle puntare una pistola addosso per farla entrare in casa. Ora che ci pensava, non doveva essere piaciuto granché nemmeno a lei. Ma non aveva sapto come altro fare; quella era stata la maniera più sicura.
Non gli era piaciuto il modo in cui lo aveva ripetutamente respinto quando stava cercando di curarle la ferita.
Si comportava come un animale arrabbiato. Aveva arretrato fino al muro e persino a quel punto aveva continuato a tenerlo lontano insultandolo e zittendosi solo quando le aveva puntato di nuovo contro l'arma.
Non gli era piaciuto il modo in cui si era ripiegata su sé stessa ed era scoppiata a piangere quando le era arrivato troppo vicino, come gli aveva chiesto, per favore, di non farle del male.
Non gli era piaciuto doverla sedare per curarla.
Non gli era piaciuto quanto era magra.
Non gli er piaciuto come si era fatta male cercando di scappare una volta sveglia.
Effettivamente, perché mai doveva tenerla lì? Perché mai aveva dovuto sequestrarla?
A parte il fatto che la cosa non gli costava nulla, dal momento che qualunque cosa lui ordinasse, o anche solo suggerisse, tutti avrebbero fatto esattamente così.
Una ragazzina così non era nulla.
Anzi.
Probabilmente gli sarebbero stati grati per avergliela levata dai piedi.
E lei avrebbe potuto almeno essergli grata per averla tolta dalle loro grinfie.
Ma a lei non piaceva quello che aveva fatto, era evidente.
Voleva andarsene.
Ma lui non aveva nessuna intenzione di lasciarla uscire di lì, neppure per tutto l'oro del mondo. Non voleva che tornasse fuori, dove le avrebbero fatto ancora male, ne era sicuro.
Lei aveva paura.
Aveva paura di tutto.
E si chiamava Jee.
Gliel'aveva detto, palesemente contrariata, dopo che l'aveva chiamata "ragazzina". "Ho diciassette ann. Ragazzina tua sorella." aveva aggiunto.
Quindi era anche piccola. Non molto più di lui, ma comunque una ragazzina, come aveva accuratamente evitato di farle notare.
Odiava essere toccata, o forse semplicemente non era abituata, e per convincerla a fargli controllare come stesse andando la ferita il giorno dopo che l'aveva medicata ci aveva impiegato quasi venti minuti. Alla fine, esasperato, le aveva detto, anche abbastanza stizzito, che voleva solo aiutarla, e lei lo aveva lasciato avvicinare. Quando le aveva detto che stava guarendo bene e che non c'era bisogno di preoccuparsi, si era abbassata di scatto la felpa e si era allontanata da lui.
Qualche giorno prima gli aveva detto di essere sola.
Sola, completamente sola, aveva ribadito, alla sua richiesta di spiegazioni.
E se fino a quel momento aveva avuto forse una vaga intenzione di lasciarla andare, sapendo che non aveva nessun posto dove stare, nessuno che la stava aspettando da cui tornare, ora non ne aveva più nemmeno il pensiero.
Lei sarebbe rimasta con lui. Punto. Fine.
Era ormai un mese che era in casa sua.
La ferita si era chiusa.
Non aveva più cercato di scappare.
Non aveva fatto nulla di strano.
Cercava di stargli il più lontano possibile.
E nonostante tutto, a Yeonjun aveva iniziato a piacere tornare a casa alla sera, solo per poter aprire la porta della stanza che aveva riservato alla ragazza, per vederla dormire serena con le coperte rimboccate fino al mento.
Solo con la sua presenza ora scontrosa e ora silenziosa riusciva a renderlo felice. E sperava che un giorno anche lei lo sarebbe stata. Magari un giorno non tanto lontano.
Quel pomeriggio stava tornando a casa prima del solito e si chiese che cosa stesse facendo Jee.
Cucinando.
Jee adorava il cibo, se n'era accorto.
Adorava il cibo, l'acqua calda e il vado di garofani ornamentali che lui teneva sulla finestra della sala.
L'aveva sorpresa diverse volte a guardarli come se fossero la cosa più bella del mondo. Una sera l'aveva addirittura trovata addormentata davanti alla finestra, come se avesse preso sonno osservando i fiori.
-Buonasera.- disse entrando in cucina.
-Ciao.- rispose Jee mentre si scottava la bocca con qualcosa che avrebbero potuto essere spinaci.
A Yeonjun piaceva come cucinava lei, ed era convinto che non l'avrebbe mai ringraziata abbastanza per il fatto che ogni sera gli lasciava una dose abbondante di quello che aveva preparato, cosicché si evitava sia la fatica di dover cucinare sia il mal di stomaco dovuto al cibo da asporto.
-Yeonjun?-
Sorpreso, si voltò verso la ragazzina, che aveva mosso due passi verso di lui, con in mano un coltello dall'aria decisamente minacciosa.
Fece un passo indietro.
Voleva ucciderlo?
Non dubitava del fatto che sarebbe riuscito ad impedirglielo senza nessuno sforzo, ma in quello spazio stretto avrebbero comunque finito per farsi male.
La ragazza si fermò, mentre il suo viso assumeva un'espressione decisamente triste.
-Potresti... Potresti mettere giù quel coltello, per favore? Non vorrei che ci facessimo male...- cercò di farla ragionare.
Jee spalancò gli occhi mentre li puntava sul coltellaccio che aveva in mano.
-Oh, toh, che scema, non mi ero accorta di averlo in mano.- ridacchiò appoggiandolo sul tavolo. -Scusa, non volevo spaventarti.
-Cos'hai pensato?- chiese.
-Non so, che tu volesi uccidermi, tipo?- ribatté Yeonjun mentre il suo cuore riprendeva gradualmente un ritmo normale.
-Ah.- la ragazza parve sorpresa.
-Lo sai che io non sono riuscita mai ad uccidere nemmeno un topo? Non farei mai una cosa del genere.-
-Il prio giorno che ti ho incontrata non sembrava proprio.-
-Ah, no? Avevo rubato una lattina di CocaCola, se proprio vuoi saperlo.-
-Non ti aveva fatto molto bene.-
-Direi di no.
-Senti, Yeonjun, veramente non ti voglio fare del male. Non potrei mai.-
-E allora che cosa stavi per fare, scusa?-
Senza nemmeno dargli il tempo di reagire, la ragazza azzerò distanza fra loro due e lo abbracciò.
Lo abbracciò.
Yeonjun rimase di stucco.
Voleva solo abbracciarlo.
Non se la sarebbe aspettata, una cosa del genere. Non da lei.
Lentamente, ricambiò l'abbraccio, stringendola ancora di più a sé, osando addirittura accarezzarle i capelli.
Senza accennare a mollarlo, la ragazza borbottò qualcosa.
-Come, scusa?-
-Ti voglio bene.-
Cercò di dominarsi, ma evidentemente non ci riuscì, perché Jee se ne accorse.
-Perché stai piangendo?- gli chiese facendo un passo indietro e guardandolo.
Yeonjun cercò di asciugarsi gli occhi, inutilmente.
-Nessuno... nessuno mi diceva una cosa del genere da anni.-
Ci fu un altro momento di silenzio.
-perché?- chiese poi il ragazzo.
-Cosa?-
-Perché mi vuoi bene?-
Jee scosse le spalle.
-Perché... Perché ti sei comportato bene con me, suppongo. Mi hai aiutata. Mi hai sopportata. Mi hai impedito di scappare, di tornare in un posto dove non avrei trovato nessuno come te.
-E poi...
-E poi bho. Perché ti voglio bene.-
Ancora silenzio.
-Grazie.- aggiunse la ragazza.
-Ora però basta piangere, dai.- concluse avvicinandosi di nuovo e abbracciandolo per la seconda volta mentre con una mano gli asciugava delicatamente le lacrime.
E intanto gli spinaci che bruciano:
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