14.

Dieci anni fa...

La musica jazz rieccheggiava tra le mura bordeaux di quel locale dove ogni sera si riunivano quegli uomini dal carisma trascendente , pieni di sè ma vuoti di emozioni.

Era la prima volta che Vox ci metteva piede. Era nervoso. Agitato. Si sentiva un pesce fuor d'acqua.

Di carisma e successo lui, d'altronde, non ne sapeva niente.

Faceva un programma da quattro soldi alla TV, e spesso si prestava a fare degli spot per una manciata di dollari ed uno spiraglio di fama.

Lui non era come loro.. O meglio, non era come Lui.

Era andato in quel locale con un unico obiettivo.

Incontrarlo. Parlargli.

La sua ispirazione, la sua musa,
colui a cui aspirava di assomigliare.

Alastor.

Il più influente e radiofonico uomo del quartiere.

La gente lo ammirava, lo stimava, lo acclamava. Il suo nome era sulla bocca di tutti, e non uno che osava infangarlo.

Entró a passo incerto e lui, fu la prima cosa che notó.

Era seduto al bancone, con le gambe accavallate e quel magnetico sorriso da cartellone pubblicitario.

Sorseggiava un whisky mentre agitava lentamente la testa a ritmo della musica, come se ne fosse estasiato.

Fece qualche passo fino al bancone, sedendosi a pochi posti di distanza da lui.

Ordinó lo stesso whisky, ma non lo bevve.

Le sue dita tamburellavano nervose contro il bicchiere, il cuore gli batteva forte. Ogni tanto buttava l'occhio verso di lui.

Il bastone, il portamento elegante, la risata tagliente e il monocolo rosso. Era davvero lui. Alastor.

Non riusciva neanche a credere di trovarsi a pochi metri dal suo idolo.

"Va, presentati. Non fare lo sfigato."
pensava tra se e se, mentre cercava di farsi forza da solo.

E quando la scarica di coraggio che gli serviva lo attraversó, si alzó senza pensarci troppo, si sistemó la giacca e andó.

"Salve, scusi se mi permetto di disturbarla... Volevo solo dirle che la ammiro da sempre, la seguo da-"

Alastor lo scrutó, con uno sguardo da predatore dietro la facciata del sorriso amichevole.

"Oh, suvvia, ho la tua stessa età. Non serve che mi dai del lei." rispose ammiccando.

Vox impallidì.
"Oh, certo.. Mi scu- Scusami.. Ecco.. Io- Io sono Vox."

"So benissimo chi sei, Vox." rispose gentile Alastor piegando leggermente il capo.

"Hai talento. Ho visto il tuo show. E trovo che hai delle idee.. interessanti."

Vox si paralizzó.
"D-davvero?"

"Davvero. Mi piacciono quelli come te. Ambiziosi, sarcastici.. Certo, sei ancora un pó acerbo, ma trovo che hai un certo fuoco negli occhi."

Vox non rispose subito. Sgranó leggermente gli occhi, come se stesse cercando di capire se tutto ció fosse reale.

Alastor accennó una risata e gli indicó con un cenno il posto accanto a lui.
"Siediti. Sono proprio curioso di sapere quante altre idee ti frullano in quella testolina."

Pochi mesi dopo..

"Sai Vox... La gente mi venera. Ma tu.... tu mi capisci."

Vox lo fissava, come ipnotizzato. Era passato un bel pó dal loro primo incontro ed erano diventati amici.

Ma più Vox gli stava vicino, più si concinceva che non lo considerava affatto un amico. Voleva di più. Voleva essere lui tanto quanto voleva lui.

Alasror continuó. "E io vedo qualcosa in te che nessun'altro ha. Sai, credo che potresti diventare un dio, proprio come me. Se solo ti convincessi di esserlo."

"Lo pensi davvero?"

"Oh Vox... Io non direi mai nulla a cui non voglio farti credere."

Un anno dopo..

Vox se ne stava nel suo nuovo studio, intento a scrivere i copioni e i soggetti per i suoi prossimi progetti. Circondato da tazze di caffè vuote e sigarette spente.

Improvvisamente, due mani si posarono sulle sue spalle.

"Dovresti cambiare quel segmento, Vox. Non funziona."

Vox si fermó, pallido, occhiaie profonde.
"Ma.. Ma era quello di cui ero più sicuro.."

"E proprio per questo va tolto."

Vox si voltó verso Alastor alle sue spalle.
"Ma io-"

"Vox, se vuoi diventare qualcuno, devi imparare a fidarti di chi è già Qualcuno. Di me."

Gli accarezzó dolcemente la spalla e gli giró il viso verso lo specchio sulla scrivania, lasciando che Vox guardasse il suo stesso riflesso.

"Guardati. Stai diventando esattamente quello a cui aspiravi. La gente per strada sta iniziando a riconoscerti.. A chiederti autografi.. A rispettarti.. Non è quello che volevi?"

Vox incroció il proprio sguardo, aveva l'aria stanca, esattamente come lui. Ma brillava.

"Si.." mormoró a voce bassa.

"E di chi è il merito?"

"Tuo."

"Bravo... Quindi , hai intenzione di modificare quel segmento?"

"Si.. Si, certo. Hai ragione, scusami." Vox riportó lo sguardo e la sua attenzione di nuovo sul suo pc.
"Hai sempre ragione.." mormoró mentre cancellava tutto ció che aveva scritto fino a quel momento.

"Bravo ragazzo."

Un'anno dopo...

Le luci del salotto di Alastor erano soffuse, riflettevano strisce dorate sulla moquette rossa.
Aveva invitato Vox a bere da lui e a parlare di lavoro, ma dopo due bicchieri, forse per la stanchezza accumulata, o forse no, Vox non fu più in grado di parlare di lavoro.

Si avvicinó ad Alastor, sul divano e lo guardó con quello sguardo che parlava da solo.

"Lo sai che mi fai impazzire, vero?" disse piano, come se nonostante le inibizioni abbassate, avesse comunque paura della risposta.

Alastor alzó un sopracciglio, e sorrise.
"Oh?"

"Quando ci sei tu.. È come se tutto il resto sparisse e niente avesse più importanza delle tue parole.. e di te."

".. Come, prego?"

Vox soffocó una risata, con le guance arrossate dall'alcool e i capelli appena spettinati.
"Non sei mica stupido.. Te ne sarai accorto migliaia di volte."

Alastor non si scompose, inclinó la testa.
"Non ti sbagli. Mi chiedevo solo quanto ci avresti messo a trovare il coraggio di dirmelo."

"Ecco, infatti." replicó Vox, distogliendo lo sguardo, ormai certo dell'imminente rifiuto.

Alastor gli prese il mento con due dita, riportando il suo sguardo verso di lui.
"E tu credi che a me non interessi?"

Vox perse un battito.

"Tu mi sei... utile. Speciale, diciamo. In un modo unico." Fece una pausa mentre scrutava le sue reazioni.
"E questo, per me, è già qualcosa di raro."

Vox lo guardó, non era sicuro di capire al 100% cosa gli stesse dicendo Alastor, ma il suo tono, i suoi gesti, la sua mano sul suo volto, gli bastavano ad esserne ipnotizzato.

"Davvero?"

"Certo. Nessuno mente quando dice ció che l'altro vuole sentire."

"Posso.. baciarti?"

E Alastor sorrise. Malizioso. Intoccabile.

E Vox lo prese come un invito. Lo bació piano, tremante.

E Alastor ricambiò. O almeno... fece finta di farlo.

E quando Vox si allontanó per prendere fiato, Alastor parló di nuovo.

"Sai qual è la cosa che mi affascina di più di te, Vox? Che sei disposto a tutto pur di piacermi... A tutto."

Vox non rispose, lo guardava come si guarda un dio. E rise piano, ma non era divertito.

Era perso, e non se ne rendeva conto.

Un anno dopo.. Ovvero, sette anni fa.

La porta dell'attico era spalancata. Il salotto vuoto. Non un rumore nè un odore. Solo polvere e vuoto dove prima c'erano i passi di Alastor.

Vox entró, chiamando il suo nome.

"Alastor? Dai, smettila di fare il misterioso. Lo so che ti piace quando ti corro dietro, ma così mi sembra eccessivo-"

Nessuna risposta. Nessuna risata elettronica.

Si guardo intorno, frenetico. Aprì l'armadio in camera. Vuoto.
Controlló i dischi. Spariti.

Solo  un vecchio registratore con una spia rossa lampeggiante.

1 Messaggio non ascoltato.

Le mani iniziarono a tremargli quando premette play.

E come temeva, la sua voce arrivó, fredda, tagliente e composta.  Troppo composta, con la solita tonalità da presentatore radiofonico.

"Ciao Vox,

Sei stato... uno spettacolo curioso da osservare. Davvero.

Ma come in ogni programma interessante, arriva il momento in cui la trasmissione viene interrotta.

Quindi non aspettarti ritorni, nè spiegazioni. Perché non sei più interessante.

Buoan fortuna con ció che ti resta."

Silenzio.

Vox non parló. Non urló. Non pianse. Si lasció cadere a sedere sul pavimento, tra le ombre e la polvere.

Fissó il vuoto per un'ora, forse due.
Così a lungo che dimenticó persino come suonava la voce di Alastor senza l'effetto metallico della segreteria.

E il fiato gli si spezzó. Non per il dolore, ma perché qualcosa dentro di lui si era rotto.

E fu allora che capì.
Amare era un errore del sistema.
Ammirare era una debolezza.
Dipendere era una condanna.

E così decise di reinstallarsi completamente.
Di riscrivere il codice, e cancellare ogni traccia di vulnerabilità.

E quando finalmente si alzó, non era più lo stesso.
L'ingenuitá era morta, l'affetto disattivato.

"Grazie per la lezione, Alastor. Sta sicuro che ne faró tesoro." Disse acido contro la segreteria, per poi voltare i tacchi, e andarsene a testa alta. Deciso a non abbassarla mai più per nessuno.


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mi rendo conto di essere andata abbastanza fuori trama con questi flashback, peró volevo troppo farli, per aggiungere un senso alla psiche martoriata di Vox, che come potete vedere, il suo comportamento non è altro che un emulazione fatta male di Alastor, canon a mani basse

non vi preoccupate nel prossimo torneremo a concentrarci sui nostri innamorati disfunzionali✨😔

a presto pupi😩🫦

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